
di Ciro Fusco, per ANSA
In tempi di capitalismo finanziario la povertà è diventata una colpa. Per i cristiani, invece, è una sfortuna. Intervista al Professor Luigino Bruni
Pensando a Davos, quale messaggio manda l’1% dei più ricchi del mondo che si ritrova in una esclusiva località di montagna in Svizzera? E’ questa una novità della Storia?
Davos è un fenomeno in linea con il penultimo rapporto di Oxfam, che conferma una tendenza già denunciata da Thomas Piketty nel suo libro Il capitale nel XXI secolo. La disuguaglianza non è solo un problema di aumento delle disuguaglianze, questo si sapeva già. Ciò che negli ultimi 7 o 8 anni si è accentuato è una distanza tra l’1% e tutto il resto. Dunque cresce la distanza tra l’1% ricchissimo e il 99 restante. Ci sono diverse misure di disuguaglianza, l’indice di Gini è il più famoso, poi c’è quello delle mediane.
Però la disuguaglianza mi dà una media della popolazione, mi dice le distanze tra le varie classi. E, in quanto tale, questo indicatore non è che sia particolarmente peggiorato negli ultimi 10 anni, un po’ lo è ma non così tanto.
Ciò che è veramente cambiato è la distanza tra l’1% più ricco e tutto il resto, perché il meccanismo finanziario di questa generazione arricchisce chi è già molto ricco. E, quindi, evidentemente si è inceppato il meccanismo industriale del XX secolo, cioè quello per cui l’imprenditore, arricchendosi lavorando, facendo lavorare la gente in fabbrica, distribuiva la sua ricchezza. Quando si arricchisce uno che ha edge fund, che ha titoli speculativi, la sua ricchezza finisce a lui e basta, non c’è un indotto.
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