di Laura Collinoli
Dieci anni fa ho perso Giovanni. Il mio Giovanni. Sembra passata una vita intera, eppure a volte pare un attimo. Chiudo gli occhi e lo vedo, guardo una foto e ne riconosco i tratti, sento un odore e mi torna in mente un momento, una giornata, un abbraccio. Faccio solo tanta fatica a ricordarne la voce e credetemi, è la cosa più difficile, perché vorrei risentirla ancora una volta mentre pronuncia il mio nome. È così bello farsi chiamare da chi si ama, solo che è così scontato che quando succede non ci facciamo caso. Come tante altre cose. Le più normali, le più comuni. Quelle che non diresti mai che potrebbero mancarti. Invece sono le prime a farti impazzire di nostalgia.
Il giorno che Giovanni è morto si è portato con lui un pezzo del mio futuro. Tutto quello che avevamo progettato insieme è scomparso quando ha smesso di lottare contro una malattia che in due anni l’ha prosciugato dopo tanto, troppo dolore. Quello che non dovrebbe provare mai nessuno. Quello che letto negli occhi di chi ami annienta ogni giorno anche te.
Per chi resta non rimane altro che ricordare ciò che è stato, con un vuoto enorme per quello che sarebbe potuto essere ma che non è mai avvenuto.
Forse è anche per questo che oggi io vivo di presente. E ne sono felice.
Quando muore la persona che ami e che ti ama si convive con tanti sentimenti contrastanti che entrano così prepotenti nella tua vita da farne parte totalmente.
La prima sensazione è quella di essere disorientati. Non sai che fare, al di là del dolore immenso che provi e che non riesci a pensare che sia vero. E che tu possa sopravvivere a tutto questo. È come se avessi accumulato tante cose e poi non sapessi più a chi darle. Ti resta la sensazione di non sapere che farne di tutto quell’amore.
E poi non è vero che il tempo lenisce il dolore. Semplicemente ci si abitua a conviverci. Sembra la stessa cosa, ma non lo è. Perché il dolore diventa parte di te e non solo non esiste chi possa prenderlo al tuo posto, ma a ognuno di noi il proprio appare il più insormontabile. Ed è così. È proprio cosi.
È l’egoismo del dolore. Nessuno conosce il tuo e tu non puoi conoscere quello degli altri.
L’altra sensazione è quella del senso di colpa. Lo sai che non dovresti averlo. Perché è giusto che sia così e anche perché chi hai amato ed è andato via, ti amava così tanto da averti lasciato libera. Eppure al primo momento di felicità ne provi vergogna, come se tu, felice, non dovessi più esserlo.
Chi ci lascia, in realtà, non muore mai. Chi ci lascia resta. Perché ne parliamo come se fosse vivo. Perché a scrivere tutto questo, dopo dieci anni, mi scendono ancora le lacrime.
Però l’ho scritto. E così, proprio così, non ero mai riuscita a farlo.
Giovanni è il mio cuore. È stato il mio compagno, il mio amico, amante, consigliere, maestro. Mi ha insegnato tantissimo, soprattutto ad essere felice. Io non voglio e non posso dimenticarlo. E no, non è retorica, ma chi lo ha conosciuto sa che vorrebbe che io oggi fossi felice. Che lo fossi sempre. Tanto l’amore resta. Quello vero, di amore, non muore mai.
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