di Luigi Alici
Oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, vertice di una grande mobilitazione dell’opinione pubblica, che sta coinvolgendo un numero sempre più alto di associazioni, istituzioni e singole persone. I dati offerti in Italia dall’Istat e dal Ministero dell Giustizia sono impressionanti. Basterebbe dire che negli ultimi 5 anni si sono verificati 774 casi di omicidio di donne, con una media di 150 l’anno: ogni due giorni circa in Italia viene uccisa una donna. Le donne che nel corso della loro vita hanno subito una qualche forma di violenza sfiorano i 7 milioni!
È giusto – più che giusto, doveroso – farsi carico di questo volume intollerable di violenza, che si annida a volte nei luoghi più ordinari della vita quotidiana. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è “usare” la violenza per condurre una battaglia corporativa, fatta di distinguo, di donne che provocano, di ritardi nelle denunce e via discorrendo. Molto semplicemente il problema riguarda tutti: donne e uomini, giovani e vecchi, ricchi e poveri, istituzioni e privati cittadini…
Una considerazione simile dovrebbe farsi per la piaga della pedofilia, della tratta, della prostituzione; persino – e forse ancora di più, perché il fenomeno ci appare più tollerabile – di quelle forme di sessualità subìta, patita, banalizzata, mercificata… In questo campo le vittime e i carnefici possono essere ovunque e deve essere l’intero corpo sociale che deve farsene carico, anche se non ci sono testimonial più o meno famosi/e a guidare la protesta.
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