di Anita Mancini
“L’acqua c’è o non c’è, in questo benedetto territorio?
Il piano regionale per la tutela delle acque, che l’UE ha istituito nel 2000 [Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque] è stato adottato dalla Giunta della Regione Lazio solo nel dicembre dello scorso anno, esattamente il 28 dicembre 2016, con la delibera n. 819. In zona Cesarini, direbbe qualcuno.
Praticamente con i “canonici” 17 anni di ritardo. E non è certo finita lì: la chiosa della delibera: ” Il Piano verrà trasmesso alle Province per il deposito e per l’attivazione delle consultazioni di competenza”, è da far tremare i polsi! Passeranno mesi? Anni? Cosa partoriranno, ad esempio, a Palazzo Iacobucci?
Perché alle amministrazioni comunali non è stato chiesto di partecipare a tali consultazioni? Ne avrebbe il sacrosanto diritto, il Comune di Ceccano, che è tra i più “colpiti” da ACEA, quello che si è maggiormente esposto contro il gestore, e tra quelli che dovranno resistere al ricorso al TAR di quest’ultimo, in merito alla rescissione del contratto. E’ chiaro che passare la palla alle Province sia decisamente anacronistico, visto che ormai le maggiori responsabilità ed oneri ricadono sulle amministrazioni locali. E’ una perdita di tempo, un sistema per lasciare campo libero ai gestori, magari per qualche altro anno..
Nel frattempo cosa rimarrà, ad esempio, del Lago di Bracciano? Quanto ancora vedremo schiume sul Sacco? E, se questo non bastasse, quanto pagheranno i cittadini per questo mostruoso ritardo della Regione Lazio, in termini di bollette, mancanza d’acqua, contatori staccati, autobotti contese… Quest’estate a Ceccano alcune autobotti recavano la scritta “trasporto acqua potabile – Formia”. Formia? A Formia stanno razionando l’acqua…Misteri di una gestione che di trasparente ormai non ha più niente.
Sono fermamente convinta che l’informazione renda liberi. Anche e soprattutto di decidere a ragion veduta chi vogliamo che amministri il territorio. La vexata quaestio dell’ acqua, della sua mancanza, dei razionamenti, delle tariffe esorbitanti, delle autobotti e così via, parte da una disinformazione di base: qual è realmente la situazione delle falde acquifere? In parole povere: l’acqua c’è o non c’è? La mia sarà una deformazione professionale ma sono abituata a ragionare in termini di numeri, perché è da quelli che si deve partire per una seria politica di gestione delle risorse, in particolare quella idrica. Guarda caso sono proprio questi i dati che a noi ai cittadini, sono tenuti ben nascosti. Sappiamo tutto degli appalti, sappiamo esattamente cosa ha votato il sindaco del comune X in sede di consulta d’ambito, e possiamo sapere addirittura i risultati delle analisi dell’acqua che esce dal nostro rubinetto, giornalmente o quasi. Ma il vero dato che sta alla base della politica del gestore non è certo di pubblico dominio ed è comprensibile che sia così. L’importanza del PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE sta proprio nel fatto che in esso sono riportati gli aspetti “quantitativi” dei corpi idrici, le portate, i livelli di acquiferi sotterranei e così via. Solo sulla base di questi dati è possibile perseguire il mantenimento dell’equilibrio tra la disponibilità ed il prelievo delle acque, in una il mantenimento della quantità e della qualità delle acque.”
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