di Gilberto Borghi e Sergio Ventura
Il problema educativo oggi sembra essere quello di come “ridestare” il desiderio, piuttosto che dare per scontato che esso sia ancora attivo nel mondo giovanile
Se già qualche perplessità era emersa sulle modalità di quest’ultimo nell’affrontare il tema della gioia e della novità, la contraddizione sembra esplodere con la tematica del desiderio e della ricerca di senso. Mentre le aspettative dei giovani, a causa della “recessione economica” e della percezione di un “grande disordine”, sono decisamente “bassine” – al punto che “oggi Fantozzi, nel suo essere un perdente che però possedeva una macchina, una casa e un posto fisso, sarebbe un privilegiato”, le aspirazioni e i desideri, molteplici dal punto di vista quantitativo, appaiono ai loro occhi come “contraddittori” e perciò impossibili a priori.
Sulla base di “un edonismo più o meno spinto” e di una voglia di “serenità” intesa come “tranquillità” e “stabilità” – dunque spesso non ancora non in grado di fare i conti con la pienezza che loro nominano come “l’Assurdo”, i giovani si narrano divisi tra il bisogno di rifugiarsi (per “sopravvivere”?) in percorsi individuali – quasi anarchici – di miglioramento “autoglorificante” e il sogno “intimo” e “recondito” (per vivere “con pienezza”?) di una rinascita comunitaria – in nome della giustizia, dell’altruismo, dell’ambiente, della cultura di qualità.
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