di Luigi Alici
«Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
Un grido è stato udito in Rama,un pianto e un lamento grande:Rachele piange i suoi figlie non vuole essere consolata,perché non sono più»
(Mt 216-18)
… e genera uno strazio indicibile…
Ettore muore, e Troia viene espugnata. I Greci trionfanti uccidono il figlio di Ettore, Astianatte, precipitandolo dalle mura della città. La regina Ecuba, sua nonna, lo piange così, quando le viene portato sullo scudo del padre:
«O Achei, che menate vanto maggiore di bravura che non di senno, perché avete perpetrato questo crimine inaudito? Per paura di un bambino? Forse perché egli non risollevasse un giorno Troia abbattuta? Valevate dunque ben poco, quando noi soccombevamo, nonostante il valore di Ettore e di infinite altre braccia; e ora che la città è stata presa avete avuto paura di questo bambino?
O diletto, qual misera morte ti colse! Sventurato, come miseramente le patrie mura ti spogliarono il capo dei riccioli, che tua madre spesso pettinava e copriva di baci! Ora dalle ossa infrante ride la strage, e non dico l’orrore. O mani, che dolce somiglianza avevate con quelle del padre, eccovi qui, davanti a me, spezzate nelle giunture. O bocca adorata, che pronunziavi parole così fiere, sei spenta!
Tu mi mentisti, quando venendo nel mio letto, dicevi: “Nonna, reciderò per te i miei riccioli folti e ti accompagnerò con i miei compagni al sepolcro, rivolgendoti cari saluti”. Non tu me seppellisci, ma io, vecchia, senza patria, senza eredi, seppellisco il tuo misero cadavere, te così giovane!»
(Euripide, Le troiane, traduzione di Dario Del Corno)
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