di Mario Pireddu
Il gennaio del 2017 sarà ricordato tra le altre cose per l’avvio turbolento della presidenza Trump negli Stati Uniti, e per la sua peculiare relazione con i fatti. Già nel 2016, d’altronde, l’intera campagna elettorale era stata caratterizzata dal continuo riferimento alle cosiddette fake news, con accuse reciproche da parte di tutti i contendenti in merito alla paternità delle stesse. In Europa era successo qualcosa di simile durante i mesi di campagna elettorale per la Brexit, laddove gli sconfitti hanno accusato i sostenitori del “Leave” di aver costruito una narrazione fondata sulla menzogna e su proposte irrealizzabili.
L’utilizzo del termine “post-verità” è così diventato centrale nel dibattito globale sulla correttezza delle informazioni, e più in generale ha funzionato da catalizzatore – non senza molte semplificazioni e distorsioni – per l’approfondimento di questioni che sono da sempre fondamentali per comprendere lo stato di salute delle democrazie.
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