di Gianfranco Ravasi
«Travestiti da pastori / o scorta volontaria dei re Magi / andiamo a Betlemme cianciando d’amore e di pace, / comunque nascondendo / sotto il mantello di ogni evenienza / un kalashnikov ben oliato». Sono versi piuttosto forti questi di un poeta appartato e ormai dimenticato, Giovanni Angelo Abbo, morto nel 1994. È curioso che la poesia è intitolata Natale 1987: in realtà, essa è ancor più attuale oggi, quando si parla di pace, eppure il mercato delle armi e le potenze politiche continuano a immettere i loro prodotti di guerra e di morte nelle varie nazioni.
Intanto il Natale tradizionale continua le sue coreografie pubblicitarie, i suoi apparati di luci e di regali, i suoi rituali commerciali. Intendiamoci: anche questo aspetto esteriore, in un tempo in cui si tende a cancellare ogni simbolo o memoria religiosa, ha un significato. Tuttavia, con i flussi ininterrotti e spesso tragici dei rifugiati, con le bombe di Aleppo e le tende dei terremotati non ci si può, da cristiani, impunemente abbandonare a gadget e panettoni, a luminarie e capitoni.
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