di Emanuela Citterio
Molti ex studenti musulmani lo chiamano al telefono di casa. «A volte non per parlare con me, ma con mia moglie, specialmente se si tratta di ragazze. Mi chiedono se possono parlare con “zia”, un appellativo che nella cultura araba si usa per donne più grandi con le quali si è in confidenza. Una volta a me, cattolico, una studentessa ha chiesto un parere se mettere il velo». Islamista e docente di Lingua e letteratura araba all’Università Cattolica di Milano, Paolo Branca non è un professore che resta dietro la cattedra. A partire dalla sua materia di insegnamento, si è compromesso a fondo con le persone, accompagnando in particolare i ragazzi di seconda generazione, figli di genitori immigrati in Italia, nel loro percorso di crescita e ricerca di identità. Da quasi trent’anni è impegnato in un dialogo con l’islam italiano che si fonda su una profonda conoscenza, ma anche, e soprattutto, su incontri e amicizie nate lungo questo percorso. Un impegno che lo vede coinvolto anche a livello ecclesiale, come responsabile del dialogo con l’islam della diocesi di Milano.
Cosa ha risposto alla ragazza che le ha chiesto del velo?
«Non le ho dato una risposta, perché sono un educatore. L’ho invitata ad approfondire le sue motivazioni. Lei ha deciso di metterlo, e dopo qualche anno l’ha tolto».
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