di Antonio Martino
Siamo turbati e rattristati per la morte di Emmanuel Chidi Namdi avvenuta a Fermo nelle Marche per mano di un balordo razzista. Martedì scorso, dopo aver insultato sua moglie Chiniary chiamandola «scimmia», un noto pregiudicato italiano, capo ultrà della locale squadra di calcio, ha aggredito e massacrato di botte Emmanuel, sino a causarne la morte. Nel confidare in una ferma, severa e rapida risposta della giustizia, vogliamo anche sottolineare quanto questo ignobile atto dica tra le righe della tragedia avvenuta.
Il razzismo e la discriminazione razziale non si possono combattere soltanto con le leggi. Affrontare il razzismo esige dagli individui un cambiamento interiore, che a sua volta implica la creazione di una nuova consapevolezza e una maggiore educazione a livello morale e spirituale per plasmare in modo pieno la coscienza individuale e rifiutare così, in modo appropriato, il credo errato nella superiorità razziale e il conseguente odio per intere popolazioni.
È responsabilità di tutti e di ciascuno promuovere questa crescita morale e spirituale, cosicché ogni essere umano venga riconosciuto come dotato di un’innata dignità umana che va protetta e rispettata, principio fondante di tutti i diritti umani universali.
È successo a Fermo.
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