di Marcello Palmieri
La regolazione delle relazioni tra persone di egual sesso deve tener conto di princìpi sanciti dalla Consulta, che nella sentenza 138/2010 ha definito sia il fondamento giuridico a tutela della famiglia (articolo 29 della Costituzione: «La Repubblica garantisce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio») sia quello delle unioni di altro tipo (articolo 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità»).
Dopo Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte, è tornato a sottolinearlo su Avvenire del 21 febbraio, Sabino Cassese, dal 2005 al 2014 giudice costituzionale ed estensore di quella pronuncia. Ma lo ha ricordato pure un magistrato attualmente in carica alla Consulta: Daria de Pretis, che venerdì scorso – nell’ambito di un seminario per studenti organizzato dal Rotary Club Rovereto – non si è sottratta a una domanda sulle unioni civili. Per mandato, ovviamente, non ha potuto dare il suo parere. Ma passando in rassegna 4 ‘grandi’ sentenze della Corte ha inserito anche la 138/2010, spiegando come avesse investito il Parlamento del potere-dovere di legiferare sulla base dei criteri da essa richiamati
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