Se bastasse una piazza


family 2di Luigi Alici

Non posso evitare del tutto il rischio che il contenuto di questo post possa essere frainteso e usato strumentalmente – da una parte o dall’altra. Vorrei però, per quanto mi riesce, cercare di essere chiaro, a partire da due affermazioni di fondo:
a) è possibile – e ormai necessario – riconoscere il desiderio di due persone dello stesso sesso d’instaurare una stabile relazione affettiva, senza essere costretti a viverla in modo semiclandestino, ma vedendo riconosciuti dalla legge diritti e  doveri comuni, senza che siano confusi con il paradigma – storicamente e costituzionalmente configurato – di una famiglia naturale fondata sul matrimonio;
b) non è possibile, di conseguenza, riconoscere a questa stabile relazione affettiva la titolarità di un diritto di adozione, che equivarrebbe a negare il punto precedente.

Diventa dunque ineludibile la domanda intorno alla differenza tra relazione omosessuale e matrimonio. Qui cercherò di dirlo nel modo più semplice: chi afferma tale equiparazione considera irrilevante la differenza sessuale; nega cioè che abbia un un qualche peso il fatto che i due partner siano di sesso diverso. Essere maschio o femmina, a questo punto, sarebbe come avere gli occhi azzurri o i capelli rossi: differenze insignificanti sotto il profilo normativo. Charles Taylor ha dato a questo argomento una dignità a mio avviso molto alta. Chi pensa che il sesso non conti, pretendendo che cose diverse siano uguali, dinanzi all’ostacolo della procreazione è costretto una serie di contorsionismi, fino ad affermare chenon sappiamo più cosa sia naturale o artificiale; dimenticando che in moltissimi altri casi lo sappiamo benissimo: sappiamo distinguere tra fisiologico e patologico, tra ecosistema e inquinamento, tra il metabolismo e un’industria chimica, e a volte protestiamo contro forme di accanimento terapeutico che trasformano un corpo agonizzante in una centrale di biotecnologie invasive e disumanizzanti. Senza dire – e l’aggiunta è fondamentale – che  con l’adozione non è in gioco una mia libera scelta, ma il diritto di un terzo. Quando si fa una legge, la si fa sempre per tutti, è ovvio, e tutti hanno il diritto di interloquire; ma quando si legifera sul futuro di un altro (come nel caso delle manipolazioni genetiche), questo diritto è, se possibile, ancora più pieno e legittimo.

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