Le notizie che riguardano Pietro Vittorelli, già abate di Montecassino, da alcuni anni fuori dalla comunità monastica, turbano le coscienze di quanti vorrebbero dagli uomini di chiesa, dai cristiani, comportamenti che li distinguano per correttezza ed onestà. Mi piace condividere in proposito le considerazioni di Alessio Porcu, che scrive:
Chiuso in una stanza, immersa nella fumosa umidità di Londra, il dottor Pietro Vittorelli ha appreso dal televisore sintonizzato sulle reti italiane che la Guardia di Finanza lo accusa di avere rubato i soldi dei poveri. Se per lui sia stato la salita su un Calvario oppure una discesa negli inferi è cosa che sa solo la sua coscienza.
Se è innocente, la profonda conoscenza delle Scritture, alle quali ha dedicato la sua vita, è ora il più saldo appiglio al quale afferrarsi e trarre gioia mentre affronta una parte delle stesse umiliazioni che vennero riservate al Cristo in ascesa sul Golgotha. Se è colpevole, quelle stesse Scritture gli hanno insegnato l’atroce pena cui andrà incontro: il perdono cristiano, devastante perché lascia il reo da solo con la consapevolezza della sua colpa, circondato dalle macerie del male che ha provocato, senza nemmeno una punizione che gli consenta di dire ‘sto pagando’.
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