L’ex commissario alla revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli non pare esser riuscito a operare i suoi tagli proprio lì dove sono stati originariamente teorizzati: nonostante l’ormai ubiqua e assodata presenza di email nelle nostre giornate, nei vari ministeri i commessi ancora traghettano fascicoli da un ufficio all’altro.
All’estremo opposto troviamo una società con sede a Hong Kong, la Deep Knowledge Ventures, che invece ha recentemente nominato nel proprio consiglio di amministrazione un algoritmo. Con diritto di voto.
Il rapporto tra tecnologia e lavoro ha da sempre infiammato gli animi di chi, da un parte, cercava di difendere il proprio diritto all’occupazione e di chi, dall’altro, progettava un mondo totalmente automatizzato.
Le forze informatiche che forgiano il nostro presente, come big data e cloud computing, sono solo la punta di un iceberg fatto di macchine che sono arrivate a sfruttare sistemi simil-neurali per imparare, sempre più adatte a svolgere lavoro intellettuale, seppur di basso livello (confronto di contratti legali e semplici
diagnosi in ospedale, per esempio). Se per alcuni ci troviamo così alla vigilia di una seconda età delle macchine, altri preferiscono essere più cauti con gli annunci: Matrix è ancora lontana.
David Autor, economista del Mit (Massachusetts Institute of Technology) con un grande interesse per la tecnologia, ha ripercorso alcuni nodi essenziali della questione, così da far luce sull’attuale stato dell’arte.
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