di Giovanni Grandi

Nella versione cartoon di Biancaneve e i sette nani, scoprendo la principessa nascosta nella casetta, Brontolo avverte minaccioso: «È una femmina. E le femmine sono perfide e piene di arti subdole». Un altro nano subito chiede: «Cosa sono le arti subdole?». E Brontolo: «Non lo so. Ma non mi fido». Anche nella “questione gender”, che sta creando non poche agitazioni, persino di piazza, si sono attivate dinamiche di questo tipo. In un post, decisamente non telegrafico, provo a segnalare alcune attenzioni che definirei «deontologiche», che mi pare stiano mancando nell’evoluzione precipitosa del dibattito sulle relazioni affettive e famigliari. Ci sono tanti modi di porre i problemi, di segnalare rischi, di avanzare proposte. Alcuni di questi – tra cui, a mio parere, le manifestazioni di piazza – rischiano di contrarre gli spazi di incontro e ascolto reciproco dei diversi. E, invece, proprio per la delicatezza e complessità delle questioni, sono spazi che andrebbero piuttosto dilatati.
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