L’enciclica di papa Francesco è un documento molto ampio e impegnativo, che merita di essere letto più volte in modo attento e cordiale, evitando – come purtroppo sta accadendo anche questa volta – di usarlo unicamente per cercarvi una conferma ai propri pregiudizi.
Provo a condividere solo una prima impressione, a cominciare da un particolare apprezzamento per la felice scelta del titolo: la citazione di Francesco d’Assisi (Laudato si’) contiene l’invito ad assumere uno «sguardo diverso» (111) sul creato, centrato sugli atteggiamenti positivi dello stupore e della lode, della gratitudine e della gratuità: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode» (12). Il sottotitolo contiene quindi alcune parole-chiave per la comprensione del testo: il riconoscimento della «casa comune», che «è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (1), si collega all’idea di «una cura generosa e piena di tenerezza» (222).
«Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli» (53): questo giudizio severo costituisce la premessa fondamentale del testo; bisogna ammettere che siamo di fronte a una sfida epocale, che non è lecito ignorare o minimizzare. Questo punto di partenza spiega anche la natura in certo senso anomala dell’enciclica, che non si rivolge soltanto al mondo cattolico e agli “uomini di buona volontà” (secondo la formula di papa Giovanni), ma «a ogni persona che abita questo pianeta» (3).
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