di Alessandro D’Avenia
Quando devo prendere un treno arrivo in anticipo per girare nella libreria della stazione. Lo spazio dedicato ai generi letterari mi chiarisce il genere di umanità che siamo al momento. La poesia è sempre confinata in angoli poco visibili: la poesia è sempre all’angolo, sugli scaffali, come nella vita. Ad accogliermi invece c’è un ampio bancone dedicato alle novità della giallistica. Il genere svela che genere di percezione abbiamo del mondo e della vita: un giallo. Qualcuno fa del male a qualcun altro: non se ne conosce il senso, né l’autore. Qualcuno si occupa di scoprire la verità, che certamente c’è ma non è raggiungibile con certezza. Come ci conferma la cronaca dell’Airbus precipitato sulle Alpi francesi, disseminando pezzi di lamiera come una pioggia sterile sulle rocce imperforabili della morte e brani di 150 corpi minacciati dalla fame dei lupi. Il giallo è: perché un quasi trentenne ha portato l’aereo a schiantarsi dall’aria rarefatta dei 38mila piedi al duro suolo che dall’aldiqua immette nell’aldilà, con respiro calmo e la dolcezza di un atterraggio, tanto da non insospettire i passeggeri sin quasi al momento dell’impatto. Ma l’impatto con la morte, paradossalmente e come in ogni giallo, riguarda, più che i morti, chi resta.
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