Jacopo Barigazzi, su L’inchiesta, ci chiarisce il perché del differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi, tramite le parole di Berthold Huber, presidente dell’IG metal, il più potente sindacato germanico.
È considerato una delle figure più importanti del mondo industriale, si vanta di avere letto tutto Adam Smith e considera il suo punto di forza il continuare a leggere e studiare, attività per la quale ha ridotto le ore di sonno. Certo per chi ragiona ancora in termini di conflitto permanente fra capitale e lavoro vedere che ad incensarlo sia il Financial Times fa subito arcare il ciglio. Ma per chi invece vuole capire cosa sia affrontare la modernità con la giusta cassetta degli attrezzi allora si consiglia l’intervista sul quotidiano della City a Berthold Huber, presidente dell’IG Metall, il potente sindacato dei metalmeccanici tedeschi con circa 2,25 milioni di iscritti.
La prima a leggerla dovrebbe essere Susanna Camusso, seguita da Landini e poi a ruota da quegli industriali italiani che vedono nella Mitbestimmung – il sistema di codecisione fra sindacati e aziende – il fumo negli occhi mentre è lo stesso Huber a spiegare che «se dai diritti alla gente, quella si prende delle responsabilità ecco cosa ci ha insegnato la Mitbestimmung».
Detto questo sentite come ragione Herr Huber: «Una grande parte della nostra formula salariale è sempre la produttività – e aggiunge la stoccata – non è la stessa cosa in altre nazioni». Parlando dei colleghi spagnoli, ma il discorso lo si potrebbe facilmente trasferire anche a quelli italiani, dice che da quelle parti il movimento sindacale è stato complice in un’eccessiva protezione di chi ha già un lavoro facendo pagare il prezzo ai giovani in cerca di prima occupazione, anche se «questo farà forse arrabbiare i sindacati spagnoli, ma è così».
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