«Requiem aeternam dona eis Domine». Molti abbineranno queste parole alle note di Mozart o di Verdi. E chi ha più di cinquant’anni, forse, anche alla melodia gregoriana intonata nell’antica liturgia dei defunti. Ma quante volte il Requiemè stato musicato dall’anno Mille a oggi? Secondo requiemsurvey.org almeno 4960. Il sito registra ogni volta che un compositore ha messo in musica l’invocazione e la domanda dell’uomo davanti alla morte. Per questo contiene sia le tradizionali Missae pro defunctis, che costituiscono la grande maggioranza dei casi, ma anche brani che prendono solo spunto dal testo latino, Requiem in altre lingue (come quelli «tedeschi»), mottetti e pezzi “laici”.
In questo grande archivio un dato è sorprendente. Su quasi cinquemila composizioni, ben 1936 sono state scritte dal 1900 a oggi: oltre un terzo del totale. Di queste, 908 tra il 1950 e il 1999. E ben 379 nei primi dodici anni del nuovo secolo. Il Novecento, il secolo dei totalitarismi e dei genocidi, è dunque anche il secolo dei Requiem.Davanti al mistero più grande, l’arte e gli artisti sembrano non potere fare a meno di ricorrere al sacro. Certo non mancano i brani destinati alla liturgia (tra quelli storici gode ancora di fama la Missa pro defunctis di Perosi), proseguiti anche dopo la riforma
conciliare con autori come, in Italia, Eccher, Donella, Picchi. Ma è nella forma da concerto che si rivela la vitalità del Requiem. Non c’è o quasi compositore che non vi si sia confrontato. L’esempio più celebre è forse il War Requiem che Benjamin Britten scrisse nel 1962 per la riconsacrazione della cattedrale di Coventry, distrutta dai bombardamenti. La composizione, che mescola testo latino a poesie di Wilfred Owen, è un grande inno contro tutte le guerre.
Lo stesso spirito che nel 1995 ispirò il Requiem of Reconciliation, composizione collettiva di 14 autori di 13 nazioni coinvolte nella Seconda guerra mondiale: tra gli altri Berio, Penderecki, Rihm, Schnittke e Kurtag.
Alessandro Beltrami
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