Davide Rondoni, su Avvenire, ci aiuta a comprendere il significato pieno della Fine dell’anno
È una festa del presente. La fine di un anno che in un impercettibile istante trapassa in un inizio. È l’occasione della più strana, commovente festa inventata dagli esseri umani. Si festeggia un istante. Quell’istante. Lo si aspetta contando, poi si stappano le bottiglie, si lanciano abbracci e baci. Si alzano fuochi e anche preghiere. Per un istante. Che è esemplare. Perché sentiamo in lui gravare e bruciare via il passato e aprirsi il futuro. Come in ogni istante, a pensarci bene. Il presente è l’unica cosa che conta. Questo istante che passa. E che è l’unico punto in cui si manifesta la vita. Nessun dolore, nessuna gioia vivono nel futuro o nel passato. Se non come memoria o presentimento. Le cose più importanti della vita – l’amore, Dio, la gioia, la verità – sopportano solo il verbo presente. Solo l’amare, solo il conoscere conta, diceva Pasolini in una sua struggente poesia, non l’aver amato, non l’aver conosciuto. Il presente è quello che conta.
Festeggiare un attimo può sembrare una cosa folle. Nulla pare aver consistenza minore. Un niente, o quasi. Eppure in questa festa che ci farà travestire, ci inebrierà, ci farà ritrovare e disperdere, saremo rivolti a un solo istante. A rendere onore, ad aprire il petto per quel solo istante. A cui diamo un sacco di significati, ognuno secondo la propria vita, secondo la gioia o la pena che ci abitano. Un istante, niente di più ma questa festa sembra proprio ricordarci che tutto il senso, tutti i significati possibili della vita accadono nel presente oppure non hanno valore. Di un amore non ‘presente’, di una gioia ‘futura o passata’, di una verità ‘che non vale adesso’ cosa ce ne facciamo?
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