La scena è stupenda e dolorosa. Due corpi che si abbracciano, si avvinghiano, per non lasciarsi più. Lei, Chiara, la mamma, è una donna ancora giovane. Lui, Emmanuele, ha sedici anni appena: l’età dei primi appuntamenti, del primo amore. È sfinito, stravolto, stanco. Lotta da anni con la leucemia. Alla fine il corpo a corpo lo ha stremato. Sembrava che avesse vinto la battaglia, come un fiume carsico invece, la iena è ritornata.
Ha combattuto con la grinta di un leone, insieme ai genitori e ai fratellini. Oggi la sua voce è un rantolo, e gli occhi già non vedono. Arde per la febbre che gli brucia nelle carni. Si lamenta, stringendo tra le mani la corona del Rosario; sul comodino il Bambinello gli tiene compagnia. Sotto il guanciale l’immaginetta del Crocifisso con la preghiera tante volte ripetuta: «Gesù crocifisso, sempre ti porto con me. A tutto ti preferisco. Quando cado, Tu mi risollevi. Quando piango, Tu mi consoli. Quando soffro, Tu mi guarisci…». Ieri l’abbiamo pregata insieme, oggi non riesce nemmeno a sussurrarla. La croce si è fatta più pesante e il sentiero è ripido e tortuoso. Emmanuele tenta di salire; arranca, si trascina, ma barcolla e cade. Come Gesù.
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