Una sostanza oleosa al posto dell’acqua. Quei pozzi, ci dice un floricoltore che possiede un appezzamento di terra nei pressi del Sacco, tra Ceccano e Castro dei Volsci a valle di Ceccano, non possiamo più utilizzarli, le pompe tirano su un liquido intriso d’olio. L’allarme corre lungo le rive del Sacco, da sempre utilizzato per irrigare la pianura che si estende nel fondo della valle formata dal fiume che attraversa tutta la parte nord della Ciociaria. La stessa cosa accadrebbe anche ai pozzi che si trovano sempre lungo il corso del fiume nel territorio dei comuni di Patrica, Supino e Morolo. Si tratta naturalmente di pozzi superficiali, che attingono acqua a 4-6 metri di profondità, sulla falda che immediatamente è collegata con il corso fluviale. Ma il segnale è di forte preoccupazione: infatti quelle sostanze oleose che inquinano l’acqua della falda fluviale sono il frutto dell’inquinamento dei decenni precedenti, quando non esisteva alcun controllo o comunque questi venivano evitati. Il pericolo maggiore è che da quelle superficiali l’inquinamento raggiunga le falde profonde della valle del Sacco, già oggi utilizzate per integrare l’acquedotto pubblico. E’ il caso per esempio dei pozzi che nel territorio del Comune di Ceccano, sono stati scavati lungo la via Morolense, a poche decine di metri dal fiume, ma ad oltre 150 metri di profondità. Si tratta di acqua che viene potabilizzata prima di essere immessa nell’acquedotto ma che sarebbe del tutto inutilizzabile, se risultasse inquinata da residui oleosi. Si tratta dunque di verificare immediatamente se le informazioni degli agricoltori, che utilizzano i pozzi lungo il fiume, corrispondano ad un inquinamento reale e provvedere subito al disinquinamento dei terreni e delle falde superficiali. Oggi, la tecnologia lo permette a costi anche accettabili prima che il disastro diventi irreparabile.
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