Almeno il 50% del PM10 è stato generato da combustione di biomasse, per cui, traffico a parte, il 50% degli sforamenti del 2020 sarebbero avvenuti comunque per le sole emissioni dovute alla combustione di biomasse. Parimenti, il contributo al PM10 generato da novembre in poi dagli ossidi di azoto (NOx) emessi dal traffico e dai riscaldamenti (circa di pari entità) scende dal 30% al 15%. In tutto questo periodo, anche aggiungendo a questo PM10 “secondario” il PM10 “primario” direttamente immesso dal traffico non si superano i 25 µg/m3. Ciò indica che il traffico di Frosinone, da solo, non sarebbe sufficiente a generare superamenti, neanche nella stagione invernale. Infine, a conferma delle stime derivate dal documento Ispra, il rapporto tra PM10 da riscaldamento e quello da traffico risulta essere minore di 1 fino ai primi di novembre per poi salire a valori tra 4 e 6 da dicembre in poi. Sono parole dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (Cnr-Isac) che ha analizzato la situazione della Valle del Sacco e chiede immediati interventi per mitigare il fenomeno: Nel periodo invernale – scrive – i riscaldamenti (in particolare se basati sulla combustione di biomasse) generano una importante componente del PM10 atmosferico; in località confinate, come quella della Valle del Sacco, ciò risulta associato a ripetuti superamenti dei limiti di legge sul PM10. Considerato che i composti immessi in atmosfera dalla combustione di legna e di combustibili poco raffinati rappresentano un importante fattore di rischio per la salute, le osservazioni effettuate suggeriscono l’importanza di specifiche azioni di mitigazione

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