A vent’anni dalle stragi di Capaci (23 maggio 1992) e via D’Amelio (19 luglio 1992), quali cambiamenti e quali prospettive nell’educazione alla legalità?
Lorena Leonardi, per il Sir, ne ha parlato con Paola Ricci Sindoni, docente di filosofia morale e di etica e grandi religioni alla Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Messina.
Sembra che i giovani siano molto attenti e ricettivi al confronto sulla legalità proposto nelle scuole. È d’accordo? Come valuta questa risposta?
“Sono proprio i giovani, in modo particolare gli adolescenti, ad avere fame di proposte concrete, nutrite al contempo di valori grandi, di denso spessore civile. La scuola al riguardo può fare molto, perché rappresenta il luogo ideale per una condivisione generazionale su tematiche etico-politiche che affascinano i ragazzi, molto sensibili a questioni legate al loro territorio. La rinascita morale di un Paese deve partire non da enunciazioni di principio, gestite dall’alto, ma da un’opera educativa che parta dalla famiglia, dalla scuola, dalla parrocchia, là dove si vivono giornalmente le tensioni e i conflitti delle giovani generazioni, che attendono risposte e riferimenti valoriali solidi e credibili”.
Quale eredità ci hanno lasciato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?
“Falcone e Borsellino rappresentano due figure concrete, vicine a noi nel tempo, che con impegno e costanza hanno saputo incarnare i valori civili della responsabilità e del servizio alla società civile e alla politica, esponendosi, fino alla fine, per garantire credibilità alla loro azione investigativa e giudiziaria”.
Cosa è cambiato in questi vent’anni e cosa, invece, è rimasto com’era?
“Sono cambiate le strategie mafiose, ma la criminalità organizzata continua nella sua opera di disgregazione della società civile, spesso impotente – specie al Sud – a reagire con la dovuta fermezza. Dalle stragi alla microcriminalità diffusiva, questo è il quadro malavitoso che finisce per incidere di più nel tessuto della società, molto di più che con i singoli eventi di strage. La pratica del pizzo, oggi molto diffusa in Sicilia, ha in sé un potere devastante, al pari delle bombe: piccole attività commerciali strozzate, obbligate a chiudere o a rivendere la loro attività alla mafia, che oggi veste i panni perbenistici di investitori in operazioni turistiche, in società alberghiere, in investimenti per centri commerciali e molto altro”.
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L’ha ribloggato su Pietroalviti's Webloge ha commentato:
Nell’anniversario della strage di via Amelio, riprongo questo interessantissimo testo