Qualche tempo fa ho ricevuto una lettera legata ad un articolo apparso su Avvenire, in cui provavo a immaginare i desideri e le aspettative di un ragazzo o una ragazza il primo giorno di scuola. Tra le tante reazioni questa è stata una delle più interessanti e voglio darle voce, perché mi aiuta nei momenti di scoraggiamento o presunto fallimento del mio mestiere di insegnante. Sono convinto che possa servire anche ad altri colleghi ed educatori. La lettera era indirizzata al giornale:
Caro direttore,
qualche giorno fa una mia grande professoressa ha letto in classe l’editoriale in forma di lettera che Alessandro D’Avenia ha indirizzato a noi studenti dalle pagine di Avvenire, e non mi vergogno di ammettere che a stento ho trattenuto le lacrime per la bellezza delle sue parole e per la bellezza dei suoi pensieri che si ritrovano perfettamente nei miei. Vorrei dire a D’Avenia che, con le sue parole, ha riacceso in me una fiamma che la disillusione aveva indebolito e che era quasi pronta a spegnersi. Sono stato bocciato per due volte, in terzo e in quarto anno, a causa della mia condotta, del mio scarso senso del dovere e soprattutto del fatto che se una lezione non mi prende l’anima non sono capace ad auto-obbligarmi a seguirla: mi annoio ed esco fuori a star solo con il mio disagio e i miei pensieri, magari stimolati da una lezione precedente che invece mi ha colpito e mi rimarrà dentro tutta la vita (perché mi ha cambiato anche solo per un attimo, perché mi ha fatto crescere…). Ma spiegatelo voi a un Preside che tu hai bisogno di stare fuori quando una lezione non ti arriva al cuore, perché non vuoi essere falso, non vuoi copiare in classe i compiti a casa che non hai fatto, perché non vuoi arrampicarti sugli specchi se a una verifica non sai nulla e preferisci consegnare in bianco, perché preferisci non andare proprio a un’interrogazione nella quale dovresti solo vomitare addosso ad un docente tutto quello che lui ti ha sputato in faccia. Ditelo voi al Preside che le “regole” sono solo una superficialità, perché credi che l’obiettivo della scuola sia quello di istruire degli uomini che sappiano essere giusti “al di là delle regole” e perché hai imparato che gli uomini sanno essere spietati nel pieno rispetto delle regole.
Da studente non proprio modello, vorrei dire a D’Avenia che anche a lui capiterà di trovare studenti che non si apriranno al suo amore per l’insegnamento. Per questo vorrei pregarlo di non arrendersi mai, di non sotterrare mai sotto il cinismo la sua fiamma, perché in ogni aula troverà almeno uno studente al quale può cambiare la vita. “Il rapporto d’ amore tra chi insegna e chi apprende è il primo grande passo verso il vero apprendimento”, ha scritto Erasmo da Rotterdam.
Stefano, liceale
Quie la risposta di D’Avenia: imparare-da-uno-studente-non-proprio-modello
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